ultimo aggiornamento
16 novembre 2022
ricerche d'archivio a cura di Anna Claudia Palmieri e Chiara Martelli
Casa della Congregazione di Gesù Pellegrino
L’edificio è stato modificato in modo sostanziale nel corso dell’Ottocento e la casa presenta oggi un prospetto che si sviluppa su quattro piani per tre assi.
E’ ancora visibile un pietrino di forma ovale, murato in alto al centro della facciata del piano terreno, su cui appare scolpita a bassorilievo la figura di Gesù in abito da pellegrino, che cammina appoggiandosi a un bordone. Si tratta del contrassegno delle proprietà immobiliari della congregazione di Gesù Pellegrino con sede in via San Gallo all'altezza di via degli Arazzieri. Inferiormente, su un ulteriore tassello di pietra, è il numero arabo 33, corrispondente al numero d'ordine dell'immobile all'interno dell'elenco delle proprietà.
In un documento del Patrimonio ecclesiastico, conservato presso l’Archivio di Stato di Firenze, la casa situata in Via del Ramerino (attuale Borgo Allegri) risulta effettivamente di proprietà della Congregazione di Gesù Pellegrino.
All’interno dell’inserto è raccolto il disegno della facciata realizzato il 6 Aprile 1786 dall’arch. Pietro Conti. Dal confronto tra la rappresentazione settecentesca e la situazione odierna è facilmente riscontrabile che dalla facciata, radicalmente alterata, è sparita una buchetta del vino, che non viene citata nella descrizione allegata ai disegni.
In un disegno realizzato tra il 1764 ed il 1766 sono state raffigurate nel “Prospetto a Levante in Via San Jacopo o da Faenza” le case appartenenti alla Chiesa di San Jacopo in Campo Corbolini (Conventi Soppressi, 132).
La casa identificata con il n° 25 aveva una buchetta al di sotto della finestra del piano terreno.
Purtroppo oggi, non solo è scomparso il finestrino, ma a metà dell’Ottocento anche la casa è stata demolita per permettere il prolungamento di Via Cafaggio e Via Tedesca ossia Via Nazionale (vedi pianta del 1850).
In un disegno realizzato tra il 1764 ed il 1766 sono state raffigurate le case appartenenti alla Chiesa di San Jacopo in Campo Corbolini situate in Via Panicale. La casa, all’angolo con Via Chiara ed identificata con il n° 62, aveva una buchetta al di sotto della finestra del piano terreno (Conventi Soppressi, 132).
Nelle stime dei primi decenni dell’Ottocento la vendita del vino era già stata interrotta; era presente solo una generica “bottega”.
Purtroppo oggi, non solo è scomparso il finestrino, ma a metà dell’Ottocento anche le case di Via Panicale, tra Via Chiara e Via dell’Ariento, sono state demolite.
Interi isolati vennero abbattuti per poter creare la struttura del nuovo mercato coperto di San Lorenzo ed al posto delle casette della Chiesa di San Jacopo è stato realizzato un casamento con una grande loggia.
Il palazzo presenta una
facciata che si sviluppa
su quattro piani e su
cinque assi: le finestre
centinate sono
incorniciate in pietra;
anche il portone è centinato con cornice modanata.
Nel Catasto Generale Toscano, nel 1832 ca) l’edificio era segnato con il numero di particella 423.
Nella descrizione ottocentesca del piano terreno è riportata la presenza di una stanza “sulla strada per la vendita del vino, con due cantine sotto” (stima 1822). La stanza sulla strada doveva presentare una buchetta oggi scomparsa.
E' rimasta solo la porticina chiodata originale, conservata da Jacopo Bojola e qui riprodotta.
Apparteneva alla buchetta intagliata in un portone di quello che è l'attuale negozio Bojola e che in passato ha ospitato una rivendita di vino dal palazzo.
In un disegno realizzato tra il 1764 ed il 1766 sono state raffigurate le case appartenenti alla Chiesa di San Jacopo in Campo Corbolini situate in Via Boffi “che viene dalla Porta Romana” (Conventi Soppressi, 132). La casa, all’angolo con il Vicolo della Chiesa di San Piero in Gattolini, detta di Serumido, ed identificata con i n° 133-136-137-140, aveva una buchetta al di sotto della finestra del piano terreno.
Nelle stime dei primi decenni dell’Ottocento la vendita del vino era già stata interrotta; era presente solo una generica “bottega”.
Nel 1689 il palazzo, già dei Cini, passò per linea ereditaria alla famiglia Grifoni.
Dal 1690, sotto la direzione di Antonio Maria Ferri, iniziarono alcuni lavori che interessarono anche la facciata. Dopo tale intervento il prospetto presentava al piano terreno due portoni ad arco sormontati da architrave, ognuno dei quali
era affiancato da due finestre.
Nel 1797 l'architetto Filippo
Caglieri inserì nella facciata due
balconi; l'edificio è stato
successivamente soprelevato
ed ingrandito accorpando un
edificio adiacente.
Nei disegni settecenteschi, oggi
conservati presso l'Archivio di
Stato di Firenze nel fondo
Grifoni, sono individuabili due
buchette ad oggi scomparse.
Una irrimediabilmente perduta
dato che al suo posto c’è una
grande grata, l’altra forse ancora
esistente sotto l’intonaco.
L’edificio, un’antica casa a schiera d’origine medioevale, oggi presenta una facciata organizzata su quattro piani e due assi. La buchetta è attualmente scomparsa.
La finestra a piano terra, al di sotto della quale si apriva il finestrino per la vendita del vino, è stata trasformata in un portoncino che funge da ingresso all’edificio. L’antico portone, invece, costituisce l’accesso ad un locale.
Nelle stime della prima metà dell’Ottocento non viene menzionata la presenza della vendita del vino; pertanto già all’epoca la buchetta non era sicuramente più attiva.
Nei pregevoli disegni di Stefano Zocchi del 1732, conservati all’Archivio di Stato di Firenze, è possibile notare il finestrino scomparso.
Nel Catasto Generale Toscano (1832 ca.) l’edificio, segnato con il numero di particella 928, apparteneva al Cavalier Arrighetti Onofrio Ferdinando del Cav. Giovanni Luigi.
Nella descrizione ottocentesca del piano terreno è riportata la presenza della buchetta oggi scomparsa: “Tornati nell’antrone, e sulla diritta del medesimo presso il portone d’ingresso, vi è uno stanzino bislungo con finestrino per la vendita del vino” (Stima del 1822).
E’ molto probabile, quindi, che la buchetta scomparsa fosse posizionata alla destra del portone dove ora è visibile uno sportello dell’Enel, al di sotto della griglia circolare in ghisa.
La facciata del palazzo, organizzata su tre piani e sette assi, deve essere stata realizzata in epoca cinquecentesca, sebbene l’edificio sia di origini più antiche.
Al piano terreno il portone centrale è affiancato da due finestre.
Nel maggio del 1782, al di sotto dell’apertura sulla destra guardando la facciata, era ancora presente una buchetta del vino, così descritta in un documento conservato presso l’Archivio di Stato di Firenze nella Miscellanea di piante al n°279:
“per dett’uscio s’entra in un piccolo pianerottolo dove vi è una scala di pietra, che conduce in cantina, sopra al pianerottolo vi è un finestrino con imposticina molto lacera, quale serviva per la vendita del vino”
Ad oggi la buchetta è scomparsa. E’ stata modificata e sostituita, come spesso accade, per inserire una cassetta delle lettere ed uno sportello per contatori.
Il grande edificio di origine trecentesca è appartenuto nel corso dei secoli a varie famiglie: i Rinieri, i Capponi, i Davanzati, i Rucellai, i Nori. I Grifoni, a metà Settecento, ne condividevano la proprietà con la famiglia Libri.
Nell’Archivio Grifoni, oggi l'Archivio di Stato di Firenze sono conservati alcuni preziosi cabrei disegnati da G. Medici nel 1766. Sul disegno della facciata sono visibili due buchette del vino poste superiormente la seggetta di via ancora presente all’epoca.
Uno dei due finestrini, riportato anche nel disegno della pianta, corrisponde ad una stanza denominata anticamera e adiacente alla loggia d’ingresso. L’altra, invece, corrisponde ad un sottoscala presente nella loggia del palazzo.
Non sappiamo se già all’epoca di questi disegni le buchette fossero ancora in uso ma sicuramente, nelle stime dei primi anni dell’Ottocento, non vengono menzionate stanze per la vendita del vino, a testimoniare che questa attività era già terminata.
Ad oggi tutti i fornici della facciata risultano aperti e fungono da vetrina a locali di ristorazione o ricezione; le antiche buchette sono andate perdute.
In un'incisione di Giuseppe Zocchi del 1744, sulla facciata di palazzo Lenzi nella piazza Ognissanti si vedono abbastanza bene due o forse tre buchette del vino che oggi non ci sono più. La facciata è cambiata, e la vendita del vino è finita.
Una buchetta ritagliata nel legno di un portone che non c'è più. Nel locale adesso troviamo un negozio con vetrina.
Su una tavoletta di legno, il pittore fiorentino Carlo Coppedé (1868-1952) dipinge ad olio questo ritratto.
Si tratta del commmesso della drogheria Bizzarri, Raffaello Bertelli, nella corte dello stabile di Borgo degli Albizi 2.
L'anno è il 1885 e nella porta alle sue spalle c'è in bella evidenza un'apertura ad arco che sembra proprio una buchetta del vino.
Niente di ciò che vediamo dipinto qui è oggi rintracciabile.
Un libro abbandonato su un tavolo in
biblioteca, Lucrezia Giordano si avvicina, lo
sfoglia a caso e all'improvviso una vecchia
fotografia in bianco e nero la colpisce: su
quella facciata c'è una buchetta del vino!
Ma sì, accanto al portone, si vede bene!
Sotto la foto la didascalia dice "Palazzo
Pazzi in via Cairoli a Prato": nel nostro
censimento non risulta, bisogna controllare
se esiste ancora.
Che peccato, il palazzo c'è, ma la buchetta
è scomparsa. Bisognerà indagare, il libro
non ci è di ulteriore aiuto... perché è senza
copertina!
Forza pratesi, vogliamo sapere tutto della
buchetta scomparsa...
La foto Alinari, in cui si intravede una buchetta, risale al 1890-1900. Oggi il palazzetto che precede il palazzo Fenzi-Marucelli in via San Gallo 10 ha il piano terra del tutto modificato.
La "nostra" buchetta era posizionata sotto l'ultima finestra a destra guardando la facciata.
Nel 1890 il palazzo fu acquistato dalla Banca Nazionale Toscana che fece alcuni lavori, poi nel 1975 fu comprato dall'università degli Studi di Firenze.
Ancora documentata in
queste foto del 2003
di Massimo Casprini,
questa buchetta è stata
rimossa nei successivi
interventi di restauro
dell'attuale hotel.
Lorenzo Lippi: Lot e le figlie (1650-1655 circa)
OTTONE ROSAI e LE BUCHETTE
Le due "false buchette" nelle fotografie piccole sono in via Martelli 9 e in via Pandolfini 8.
A destra si vede anche la posizione della prima rispetto al sovrastante tabernacolo scultoreo con una Madonna con bambino della scuola del Rossellino.
A questo punto, allontaniamoci di qualche passo e alziamo lo sguardo facendo attenzione ai dettagli architettonici e all’arredo urbano della via.
E' probabile che troveremo in alto, più o meno in asse con la “buchetta”, un tabernacolo o un’immagine sacra. Oppure ciò che rimane (un’asta che sporge dal muro, una catena che penzola…) di un antica lanterna.
Dunque, quella che abbiamo davanti non è una delle nostre “finestrelle vinarie” ma un’apertura “di servizio” utile ad alzare o calare – mediante cordicella e carrucola – un lume ad olio. Il più delle volte la lampada votiva di un tabernacolo o un’immagine sacra.
Abbassata la lampada, chiunque (il “lumaio” o il devoto di turno) poteva accendere il lucignolo e riabboccare l’olio, permettendo al lanternino – simbolo di preghiera incessante - di ardere tutta la notte. Una luce fioca e incostante, capace però di rischiarare e rendere meno pericolose le strade cittadine.
A una prima, distratta occhiata, sembrano effettivamente buchette del vino. Ad altezza d’uomo, di forma arcuata, ancora con lo sportellino o il segno dei cardini che testimoniano l’esistenza di un usciolino, poste sulla facciata di un edificio più o meno signorile o sotto una volta che dà accesso a un vicolo o una via. Spesso di dimensioni ridotte rispetto alla maggior parte delle buchette.
Ma andiamo a osservarne due un po’ più da vicino.
La prima cosa che si nota nella prima di queste è che c’è ancora lo sportellino. Che però si apre verso l’esterno. Qualcosa non quadra, visto che nelle “normali” buchette lo sportellino veniva aperto o serrato dal cantiniere, quindi dall’interno!
Nella seconda si nota un’altra anomalìa: il vano, privo dello sportello “interno” di legno, è chiuso sul fondo da un muro. Nelle “normali” buchette dismesse, la tamponatura in muratura dell’arco risulta invece al pari della cornice in pietra, o comunque a filo della facciata.
Nel vano si nota inoltre un gancio, una piccola carrucola o resti di un meccanismo in metallo.
Se siamo fortunati, avvicinandosi alla cavità e guardando in alto possiamo scorgere un canale ricavato nella pietra o nei mattoni che, dall’apice del vano, sale all’interno della parete. E, se siamo proprio nati con la camicia, una cordicella bloccata al gancio.
IL LIBRO DI MASSIMO CASPRINI
L'autore, come lui stesso scrive "... spinto da curiosità", prende in considerazione, con occhio attento e indagatore, l'uso tipicamente fiorentino delle buchette del vino. Anzi, per amor di verità, riabilita il termine che le identificava in origine, fino a farlo diventare il titolo del libro: Finestrini. Al maschile.
Casprini, ponendosi di fronte l’obiettivo giornalistico di comprendere il “perché”, il “come”, il “quando” e il “da chi” queste peculiarità architettoniche fiorentine sono state realizzate – ricostruisce, attraverso un’analisi documentale che lascia alcuni interrogativi irrisolti, la storia di questi manufatti. Allarga innanzitutto lo sguardo a ciò che da queste aperture transitava: mi riferisco al vino, prima di tutto.
Ci rammenta che in epoca granducale la farmacia di casa era costituita soprattutto da essenze macerate nel vino; che il “nettare degli dèi” si misurava in cògna, bigonce e some; che il vino si conteneva in botti e tinelle, ma si smerciava perlopiù in fiaschi di vetro impagliato di varia capacità: “di quarto”, di “mezzo quarto” ma soprattutto in “metadelle”, la cui forma panciuta e non troppo allungata aveva dato origine alle dimensioni quasi standard delle buchette.
Di curiosità in curiosità, Casprini ci fa riflettere su una Firenze ormai perduta, simile a un grosso paese, dove ci si poteva sedere a riposare, sorseggiare il vino appena acquistato al finestrino lì accanto e magari – lo dice Benedetto Varchi! – “a dir male di questo e di quello che passava per la via” oppure “ a
Massimo Casprini, I Finestrini del vino
Firenze 2016, a cura dell'Associazione
Buchette del Vino, a colori, 96 pp, 12,90€
ragionare” cioè a discutere, come usava fare Niccolò Machiavelli ogni sera.
In sostanza, attraverso tante citazioni di varia provenienza (bandi granducali, delibere, stralci di diari, poemi…) Casprini fornisce al lettore un testo divulgativo, sufficientemente analitico e rispettoso del quadro storico e sociale della Firenze del Cinque -Sei -Settecento, epoca durante la quale i Finestrini ebbero l'apice della loro presenza in città.
Per quanto riguarda il “dove”, il volumetto contiene il censimento aggiornato delle buchette esistenti in città e nelle zone limitrofe, ed è arricchito con una galleria fotografica a colori che fornisce una sorta di “carta di identità” di ciascun finestrino: indirizzo, nome del palazzo, misure. Insomma, il manuale indispensabile per
ogni cacciatore di buchette!
Fra i cinque quesiti canonici del giornalismo, quello al quale l’autore non ha potuto dare esauriente risposta è il “quando”: considerando “azzardate” le ipotesi che collocano già nel Trecento l’esistenza di finestrini per la vendita del vino al dettaglio, scommette sulla data di nascita delle buchette: il 1532 quando, caduta la Repubblica, i Medici tornarono al potere e l’Arte dei Vinattieri, come le altre Corporazioni “andò poco a poco estinguendosi”.
La prima attestazione di vendita diretta di vino in fiaschi “alle case” dei proprietari terrieri, è tuttavia attestata dalle ricerche di Casprini nel 1559, e neanche qui si parla di finestrini o buchette.
Riguardo all’epoca della loro dismissione, l'autore formula altre ipotesi. Dando per buona la memoria di un vecchio pastore maremmano, di nome Richetto, l’autore ci assicura che agli inizi del Novecento i finestrini erano ancora in uso, e che di certo, secondo le parole di Giulio Caprin, direttore de La Nazione di Firenze alla fine degli anni Quaranta, nel 1953 “la consuetudine casalinga del fiasco venduto direttamente dal nobile produttore anche al piccolo cliente era “finita da un pezzo”. Insomma, in quel mezzo secolo in cui si collocano due guerre mondiali e due dopoguerra, qualcosa dev’essere successo per far cessare tale florido commercio.
Ma il quesito ancora irrisolto non toglie interesse per il libro, che resta una lettura fondamentale per chi voglia saperne di più sulle buchette del vino a Firenze. Perché il testo, alla fine, soddisfa davvero la curiosità del lettore, anticipandone in gran parte le possibili domande e fornendo le relative risposte.
Diletta Corsini
IL LIBRO DI LIDIA CASINI BROGELLI
In questo volumetto di dodici anni fa, l'autrice prova a compilare un "censimento" delle buchette del vino presenti nel centro storico “e in Oltrarno”. Un argomento che la stessa autrice definisce, con modestia, “trascurabile”, ma anche “a ripensarci bene, importante e indicativo per la formazione della civiltà fiorentina”. Come darle torto?
Una breve introduzione che descrive, a volo d’uccello, l’interesse per il vino nella valle dell’Arno dal tempo degli antichissimi abitanti Liguri-Villanoviani ai nostri giorni (con le nobili famiglie fiorentine che coltivano anche mille ettari di vigne) ci introduce al loro elenco e all'esatta ubicazione topografica nella rete delle strade e dei palazzi fiorentini.
I quattro percorsi che si snodano dentro e fuori la città, intitolati “Le buchette del centro storico”, “Buchette fuori dal centro storico”, “Verso le periferie”, “Percorsi in Oltrarno”, “La campagna di Oltrarno”, si frazionano in sottocapitoli incentrati sulle vie e sulle piazze sulle quale si aprono uno o più finestrini per la vendita diretta del vino di fattoria.
La Brogelli descrive le caratteristiche salienti di ciascuna buchetta in questione ma anche, e questo è il principale pregio del libro, la storia della via o della piazza, quella del palazzo che ospita la finestrella, a volte anche quella della famiglia o delle famiglie che l’hanno abitato.
Racconta non solo vicende storiche, ma anche le sue impressioni. In qualche passo si può addirittura immaginare l’autrice scuotere il capo, contrariata, come quando si ferma a riflettere su torri e palazzi importanti che hanno “fatto sparire” la loro antica buchetta durante uno dei tanti restauri della facciata: “se anche ne fossero forniti, oggi non ne riceverebbero il minimo declassamento, ma anzi, ulteriore riconoscimento della loro importanza economica”.
Di capitolo in capitolo, la Brogelli ripercorre aspetti diversi dell'antica tradizione vinaria della città e del suo contado, mettendo in luce come questa vocazione del territorio sia la principale motivazione dell’apparire delle buchette, della loro fortuna e proliferazione.
La prefazione al testo, curata da Luciano Artusi, inquadra ulteriormente il contesto socio-economico-produttivo nel quale si svilupparono le buchette per la vendita diretta, fornendo utili informazioni sulla tipologia e la qualità dei vini fiorentini trattati dai produttori diretti e dai rivenditori nelle fiaschetterie, nelle celle, nelle osterie, ma anche sull'Arte dei Vinattieri, che di questa attività commerciale era l'organo di sorveglianza e controllo, nonché gelosa custode.
Si tratta dunque di un libretto di piacevole lettura nelle sue parti espositive e utile come guida "sul campo", purtroppo con una bibliografia sommaria che non aiuta chi voglia approfondire le storie dei palazzi, delle vie e, in sostanza, delle singole buchette.
Lidia Casini Brogelli, Le buchette del vino a Firenze
Semper, Firenze 2004, 184 pagine, fuori commercio
Ah, il libro contiene una vera perla: il sottotitolo è sbagliato. Non si discute, l’Oltrarno fa parte del Centro Storico, in quanto zona antica della città contenuta nelle mura medievali. Lo afferma anche l’Unesco!
Ma questo errore strappa pure un sorriso: in fin dei conti il libro è scritto non tanto per i “forestieri” quanto per i fiorentini. E si sa, i fiorentini d.o.c. dicono sempre “vado in centro” quando dalla riva sinistra attraversano l’Arno per raggiungere l'altra parte della città, quella dell’antico quadrilatero romano.
Diletta Corsini
12 LUGLIO 1824: il Diacono Cardinale Agostino Rivarola, Legato a latere della Santa Romana Chiesa della Città e Provincia di Ravenna, emana questo editto che sancisce la chiusura delle bettole e regola la vendita del vino con nuove modalità.
18 APRILE 1840: sul GIORNALE degli Avvisi ed Atti Giudiziali di Firenze appare un annuncio di ricerca di affitto dove ad un certo punto si precisa quanto segue:
"Si richiede pure di conciliare l'affitto per nove anni di un Orto grande murato dentro Firenze in qualunque posto stasi, con abitazione esterna con comodo di Finestrino per vendere il Vino: per il prezzo da fissarsi a detto Gabinetto".
Desdemona è un personaggio del mondo dei fumetti ideato da Giuseppe di Bernardo e Andrea J. Polidori nel 1994. E' la protagonista di storie "notturne" pubblicate dal 2005 al 2010 in una rivista intitolata L'Insonne.
Nel 2013, con la sceneggiatura di Marco Scali e i disegni di Luigi De Michele, nasce l'episodio intitolato "Le Buchette del Vino" che viene inizialmente diffuso nel web per poi entrare nella raccolta pubblicata nel 2014 nell'edizione speciale che festeggiava i vent'anni del personaggio.
Desdemona incontra una buchetta tra le più note, all'angolo di una strada centralissima di Firenze, ed è l'occasione per rivivere e ricordare un aspetto del passato della città di Firenze.
Per conoscere altre storie e immergersi nel mondo di Desdemona e della sua Radio Strega, il sito www.insonne.net soddisferà ogni curiosità e desiderio.
Il sito, gestito dall'Associazione Buchette del Vino, è online dal 30 marzo 2016.
I testi sono a cura di Diletta Corsini, Matteo Faglia, Mary Forrest, salvo dove diversamente specificato.
This website is managed by the Wine Windows Association (Associazione Buchette del Vino).
The text has been prepared by Diletta, Corsini, Matteo Faglia and Mary Forrest, except when otherwise indicated.
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