IL LIBRO DI MASSIMO CASPRINI
L'autore, come lui stesso scrive "... spinto da curiosità", prende in considerazione, con occhio attento e indagatore, l'uso tipicamente fiorentino delle buchette del vino. Anzi, per amor di verità, riabilita il termine che le identificava in origine, fino a farlo diventare il titolo del libro: Finestrini. Al maschile.
Casprini, ponendosi di fronte l’obiettivo giornalistico di comprendere il “perché”, il “come”, il “quando” e il “da chi” queste peculiarità architettoniche fiorentine sono state realizzate – ricostruisce, attraverso un’analisi documentale che lascia alcuni interrogativi irrisolti, la storia di questi manufatti. Allarga innanzitutto lo sguardo a ciò che da queste aperture transitava: mi riferisco al vino, prima di tutto.
Ci rammenta che in epoca granducale la farmacia di casa era costituita soprattutto da essenze macerate nel vino; che il “nettare degli dèi” si misurava in cògna, bigonce e some; che il vino si conteneva in botti e tinelle, ma si smerciava perlopiù in fiaschi di vetro impagliato di varia capacità: “di quarto”, di “mezzo quarto” ma soprattutto in “metadelle”, la cui forma panciuta e non troppo allungata aveva dato origine alle dimensioni quasi standard delle buchette.
Di curiosità in curiosità, Casprini ci fa riflettere su una Firenze ormai perduta, simile a un grosso paese, dove ci si poteva sedere a riposare, sorseggiare il vino appena acquistato al finestrino lì accanto e magari – lo dice Benedetto Varchi! – “a dir male di questo e di quello che passava per la via” oppure “ a
Massimo Casprini, I Finestrini del vino
Firenze 2016, a cura dell'Associazione
Buchette del Vino, a colori, 96 pp, 12,90€
ragionare” cioè a discutere, come usava fare Niccolò Machiavelli ogni sera.
In sostanza, attraverso tante citazioni di varia provenienza (bandi granducali, delibere, stralci di diari, poemi…) Casprini fornisce al lettore un testo divulgativo, sufficientemente analitico e rispettoso del quadro storico e sociale della Firenze del Cinque -Sei -Settecento, epoca durante la quale i Finestrini ebbero l'apice della loro presenza in città.
Per quanto riguarda il “dove”, il volumetto contiene il censimento aggiornato delle buchette esistenti in città e nelle zone limitrofe, ed è arricchito con una galleria fotografica a colori che fornisce una sorta di “carta di identità” di ciascun finestrino: indirizzo, nome del palazzo, misure. Insomma, il manuale indispensabile per
ogni cacciatore di buchette!
Fra i cinque quesiti canonici del giornalismo, quello al quale l’autore non ha potuto dare esauriente risposta è il “quando”: considerando “azzardate” le ipotesi che collocano già nel Trecento l’esistenza di finestrini per la vendita del vino al dettaglio, scommette sulla data di nascita delle buchette: il 1532 quando, caduta la Repubblica, i Medici tornarono al potere e l’Arte dei Vinattieri, come le altre Corporazioni “andò poco a poco estinguendosi”.
La prima attestazione di vendita diretta di vino in fiaschi “alle case” dei proprietari terrieri, è tuttavia attestata dalle ricerche di Casprini nel 1559, e neanche qui si parla di finestrini o buchette.
Riguardo all’epoca della loro dismissione, l'autore formula altre ipotesi. Dando per buona la memoria di un vecchio pastore maremmano, di nome Richetto, l’autore ci assicura che agli inizi del Novecento i finestrini erano ancora in uso, e che di certo, secondo le parole di Giulio Caprin, direttore de La Nazione di Firenze alla fine degli anni Quaranta, nel 1953 “la consuetudine casalinga del fiasco venduto direttamente dal nobile produttore anche al piccolo cliente era “finita da un pezzo”. Insomma, in quel mezzo secolo in cui si collocano due guerre mondiali e due dopoguerra, qualcosa dev’essere successo per far cessare tale florido commercio.
Ma il quesito ancora irrisolto non toglie interesse per il libro, che resta una lettura fondamentale per chi voglia saperne di più sulle buchette del vino a Firenze. Perché il testo, alla fine, soddisfa davvero la curiosità del lettore, anticipandone in gran parte le possibili domande e fornendo le relative risposte.
Diletta Corsini
di Corinna Carrara
Lady Sydney Morgan (1783 -1859) fu una delle autrici irlandesi più controverse a causa del libro-diario “Italy” pubblicato nel 1821 sulla scia del successo dei suoi romanzi. La scrittrice aveva intrapreso con il marito un grande viaggio su commissione dell’editore Colburn, desideroso di pubblicare le impressioni vissute e descritte della nobildonna. “Italy” racconta la disastrosa situazione politica, economica e sociale del Belpaese: provocò roventi polemiche e fu messo anche all’indice nello Stato della Chiesa. Non fu possibile discuterlo in pubblico o esporlo in libreria e tutti coloro che avevano mostrato simpatia per le idee liberali della scrittrice rischiarono l’arresto! In Italia l'intrepida Lady Morgan non perse occasione di ribadire che l'alleanza fra Trono e Altare aveva prodotto solo povertà e distruzione.
Sostenitrice delle riforme napoleoniche e portavoce dei valori di libertà e uguaglianza, descrisse con sarcasmo le usanze della nobiltà locale guadagnandosi un buon numero di nemici all’interno degli ambienti più conservatori.
Durante il suo soggiorno Firenze la sua lingua tagliente se la prese anche con i finestrini del vino! Ecco cosa scrive a proposito di commercio di vini e vendita diretta:
(…) Gli introiti di questi grandi proprietari terrieri toscani sono dovuti principalmente agli oliveti e ai vigneti, e poiché vi è poca esportazione o vendita all’ingrosso - in quando adesso esiste ogni specie di restrizione per impedire o minacciare il commercio – ciò che viene prodotto nei ricchi possedimenti della Toscana viene per necessità venduto al dettaglio a casa propria.
L’influenza delle antiche usanze mercantili su uomini non adusi alla pompa del titolo è tale che questa tipologia di negozio è aperta anche nel più nobile dei palazzi. Nessuna licenza è necessaria, il prodotto della cantina viene gestito con una precisione minuziosa che non ha niente da invidiare alle piccole enoteche che si incontrano sulle principali strade di Francia.
Mentre il cappello Cardinalizio, le chiavi Papali o la corona Ducale sono splendidamente scolpiti sopra gli immensi portali dei palazzi, appena sotto a queste insegne che connotano la dignità sociale raggiunta dalla famiglia appare una finestrella a grata, dove sta il vinaio: lì si trova appeso un vecchio fiasco. E mentre lo splendido seguito delle Loro Eccellenze si presenta a Corte in pompa magna, il maggiordomo sta forse riempiendo al finestrino del palazzo una piccola bottiglia passata da qualche povero cliente, che probabilmente ha ricevuto come carità dal nobile lo stesso soldo che ora sta restituendo al suo negozio.
Quest' uso, bensì comune, non è affatto universale. Le case Capponi, Ginori, Pucci, Corsini e tante altre non appendono la frasca, ma ovviamente smerciano ugualmente il prodotto dei loro poderi: l’usanza prevale soprattutto fra questi ultra-nobili che aderiscono al regime Mediceo. Per i Principi di quella famiglia hanno avuto la meschinità di diventare bottegai, con l’ambizione di accumulare ricchezze…
IL LIBRO DI LIDIA CASINI BROGELLI
In questo volumetto di dodici anni fa, l'autrice prova a compilare un "censimento" delle buchette del vino presenti nel centro storico “e in Oltrarno”. Un argomento che la stessa autrice definisce, con modestia, “trascurabile”, ma anche “a ripensarci bene, importante e indicativo per la formazione della civiltà fiorentina”. Come darle torto?
Una breve introduzione che descrive, a volo d’uccello, l’interesse per il vino nella valle dell’Arno dal tempo degli antichissimi abitanti Liguri-Villanoviani ai nostri giorni (con le nobili famiglie fiorentine che coltivano anche mille ettari di vigne) ci introduce al loro elenco e all'esatta ubicazione topografica nella rete delle strade e dei palazzi fiorentini.
I quattro percorsi che si snodano dentro e fuori la città, intitolati “Le buchette del centro storico”, “Buchette fuori dal centro storico”, “Verso le periferie”, “Percorsi in Oltrarno”, “La campagna di Oltrarno”, si frazionano in sottocapitoli incentrati sulle vie e sulle piazze sulle quale si aprono uno o più finestrini per la vendita diretta del vino di fattoria.
La Brogelli descrive le caratteristiche salienti di ciascuna buchetta in questione ma anche, e questo è il principale pregio del libro, la storia della via o della piazza, quella del palazzo che ospita la finestrella, a volte anche quella della famiglia o delle famiglie che l’hanno abitato.
Racconta non solo vicende storiche, ma anche le sue impressioni. In qualche passo si può addirittura immaginare l’autrice scuotere il capo, contrariata, come quando si ferma a riflettere su torri e palazzi importanti che hanno “fatto sparire” la loro antica buchetta durante uno dei tanti restauri della facciata: “se anche ne fossero forniti, oggi non ne riceverebbero il minimo declassamento, ma anzi, ulteriore riconoscimento della loro importanza economica”.
Di capitolo in capitolo, la Brogelli ripercorre aspetti diversi dell'antica tradizione vinaria della città e del suo contado, mettendo in luce come questa vocazione del territorio sia la principale motivazione dell’apparire delle buchette, della loro fortuna e proliferazione.
La prefazione al testo, curata da Luciano Artusi, inquadra ulteriormente il contesto socio-economico-produttivo nel quale si svilupparono le buchette per la vendita diretta, fornendo utili informazioni sulla tipologia e la qualità dei vini fiorentini trattati dai produttori diretti e dai rivenditori nelle fiaschetterie, nelle celle, nelle osterie, ma anche sull'Arte dei Vinattieri, che di questa attività commerciale era l'organo di sorveglianza e controllo, nonché gelosa custode.
Si tratta dunque di un libretto di piacevole lettura nelle sue parti espositive e utile come guida "sul campo", purtroppo con una bibliografia sommaria che non aiuta chi voglia approfondire le storie dei palazzi, delle vie e, in sostanza, delle singole buchette.
Lidia Casini Brogelli, Le buchette del vino a Firenze
Semper, Firenze 2004, 184 pagine, fuori commercio
Ah, il libro contiene una vera perla: il sottotitolo è sbagliato. Non si discute, l’Oltrarno fa parte del Centro Storico, in quanto zona antica della città contenuta nelle mura medievali. Lo afferma anche l’Unesco!
Ma questo errore strappa pure un sorriso: in fin dei conti il libro è scritto non tanto per i “forestieri” quanto per i fiorentini. E si sa, i fiorentini d.o.c. dicono sempre “vado in centro” quando dalla riva sinistra attraversano l’Arno per raggiungere l'altra parte della città, quella dell’antico quadrilatero romano.
Diletta Corsini
ARTICOLI USCITI SULL'ASSOCIAZIONE
14 aprile 2016
Repubblica.it sezione di Firenze, GAIA RAU
21 aprile 2016
The Florentine online
Il sito, gestito dall'Associazione Buchette del Vino, è online dal 30 marzo 2016.
I testi sono a cura di Diletta Corsini, Matteo Faglia, Mary Forrest, salvo dove diversamente specificato.
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